Cellulari in classe, tutte le scuole che li vietano (e quelle che ci provano): pericolosi o utilissimi?
Il 26% degli istituti li sequestra all’ingresso, ma nella maggior parte delle scuole esistono regolamenti che ne prevedono l’uso solo per usi didattici.
«Sono appena tornata da un giro per i corridoi della scuola durante la ricreazione ed è uno spettacolo vedere che finalmente non ci sono 530 ragazzi con gli occhi piegati sui loro smartphone a mandare dei messaggi o vedere TikTok, ma 530 ragazzi che parlano tra loro, fanno merenda, si raccontano che cosa è accaduto nelle ore prima. Loro sono dipendenti dagli smartphone e questa dipendenza li porta sempre da un’altra parte, non riescono a vivere l’esperienza della bellezza degli sguardi e del vivere insieme»: la rettrice del liceo Malpighi di Bologna, l’ex sottosegretaria all’Istruzione Elena Ugolini, è soddisfatta della sua decisione di aver abolito i cellulari da scuola. Ma in realtà quella che è diventata negli ultimi giorni una notizia che ha fatto scalpore, è una prassi spesso utilizzata negli istituti scolastici, con forme più o meno severe di restrizione. Presidi e professori, a forza di circolari e regolamenti, di richieste e di accordi, hanno deciso di non far usare il cellulare agli studenti, provando a tenerli lontani così dallo schermo almeno per qualche ora. Un’indagine di Studenti.it su 700 studenti conferma: lo smartphone viene «sequestrato» alla prima ora e restituito all’uscita nel 26% delle scuole.All’istituto di tecnico Oriani la decisione del liceo Malpighi di Bologna è prassi rodata. Gli studenti e i docenti dei licei Poliziani di Montepulciano (Siena), che ieri sono rientrati in classe dopo le vacanze, lo hanno sperimentato subito: all’ingresso, sia prof che ragazzi hanno dovuto mettere i cellulari in un contenitore spenti ne sono rientrati in possesso soltanto all’intervallo e all’uscita di scuola o, al massimo, per prenotare la colazione.
Smartphone? A casa
«Ho già fatto in passato diverse circolari in cui invitavo studenti e docenti a non utilizzarlo e a riporlo spento, la scuola vive di relazioni e di sguardi che il cellulare distrae e ottunde, a maggior ragione adesso dopo gli anni del forzato allontanamento dalle classi a causa della pandemia occorre valorizzare al massimo le ore in classe. Parlarsi e guardarsi in volto è fondamentale», dice Giovanni Cogliandro, preside dell’IC Mozart di Roma. «Noi siamo super tecnologici, ma in classe niente cellulari. A scuola, specialmente dopo la pandemia, occorre ritrovare sane e costruttive relazioni sociali. Abbiamo portato in Toscana 450 nuovi studenti di prima, tutti senza cellulare. È stato un successo!- racconta Amanda Ferrario, dirigente dell’istituto superiore di Busto Arsizio – D’altra parte a teatro o al cinema si tiene acceso il telefono? No! E a scuola abbiamo molto da dare, anche digitale e online, senza il cellulare». Anche il liceo Righi di Roma, per inaugurare l’anno scolastico, ha mandato gli studenti a partecipare a un corso di vela a Ventotene, ma senza portare i cellulari con sé, per favorire la socializzazione. E Andrea Di Mario, preside del liceo Carducci di Milano , ha già avviato un progetto per far diventare il liceo Carducci smartphone free, con tanto di commissione salute per esaminare studi scientifici sull’argomento: «Ma dovremo consultare anche i genitori, che sono i più contrari», spiega. Il Moige approva: «È importante che queste tematiche così delicate vengano affrontate all’interno di un patto di corresponsabilità tra le due parti».
Ma ci sono tanti gradi intermedi verso la «de-smartphonizzazione». Cristina Costarelli, che rappresenta anche i presidi del Lazio, è per un «utilizzo misurato e controllato e per la consapevolezza dello strumento, i ragazzi hanno il telefono con sé e la gestione è affidata ai docenti. Dalla dad è diventato uno strumento didattico, quindi sono capitata anche in classe dove gli studenti avevano il telefono in mano per fare gli esercizi di inglese. Ma ci sono momenti in cui non vanno utilizzati. Nella libertà del docente si gestisce. Sono al quinto anno al liceo Newton di Roma e non abbiamo avuto problemi. Poi, certo, se un ragazzo tira fuori il cellulare durante la lezione e fa un video, viene sanzionato». Daniela Crimi, che dirige il liceo Cassarà di Palermo, spiega che nel regolamento scolastico c’è un divieto specifico di usare il cellulare per fare video o foto, ma non di portarlo a scuola: «Credo che rendere un oggetto proibito significa aumentare la morbosità dei ragazzi. L’obiettivo della scuola non è vietarlo, perché diventerebbe oggetto attenzionato, ma farne un uso educativo e didattico».
Anche Carlo Braga, preside dell’ITC Salvemini di Casalecchio di Reno (Bologna), ha dubbi: un post su Facebook spiega che «sottrarre i cellulari agli studenti all’ingresso a scuola, implicitamente, dichiara l’impotenza della scuola nel far rispettare eventuali regolamenti che prevedono il divieto di utilizzo e l’incapacità delle famiglie di educare i propri figli al rjspetto delle regole». Ludovico Arte, che dirige il Marco Polo di Firenze, crede che sia «sbagliato vietarli e requisirli»: «La mia scuola ne vieta l’utilizzo in classe, come tutti. Ma un professore può prevederne l’uso se crede: il cellulare anche un valore didattico, non bisogna demonizzarlo, ma valorizzare il positivo, ed evitare che i ragazzi siano sempre connessi». È la stessa linea di Maurizio Adama Chiappa, preside del Marconi Di Dalmine di Bergamo. «L’utilizzo è concesso per attività didattiche, anche test. Il tentativo è insegnare ai ragazzi ad usarlo in modo corretto, altrimenti si finisce come il periodo del proibizionismo americano».
L’uso didattico
Per molti presidi l’ideale è riuscire a conciliare utile e dilettevole, senza sfociare nell’imbarbarimento. «Alla secondaria di I grado ai ragazzi viene chiesto di riporre lo smartphone nell’armadietto o nello zaino, ma può essere utilizzato per attività didattiche specifiche- spiega Alfonso D’Ambrosio, preside dell’istituto comprensivo di Vo’Euganeo- ad esempio può essere usato come un laboratorio scientifico, misurando la radioattività, luminosità, la temperatura, e anche trasformato in un microscopio. Il nostro regolamento non vieta l’uso ma lo considera valido se il docente ritiene che possa essere utile per usi didattici. Vietare tout court non è mai una cosa positiva, tutti i divieti vanno sempre condivisi, pensare che lo smartphone sia un demonio è sbagliato e poi lo si utilizza troppo e male a casa è un controsenso». Anche l’istituto superiore di Asiago ha un regolamento che ammette i cellulari come strumento didattico ma li vieta per uso diverso: «I nostri studenti devono tenere nello zaino i cellulari silenziati, in ricreazione possono usarli- spiega la dirigente Laura Biancato – Anche se sono un’accanita sostenitrice del digitale, ammetto che l’uso continuo del cellulare a scuola è difficilissimo da arginare e in alcuni casi rappresenta un elemento di distrazione che nemmeno i docenti più bravi riescono a controllare». Angelo Canio D’Alessio, che dirige l’istituto comprensivo Ronchi di Cellamare (Bari), ha messo tutto nero su bianco: «Il nostro regolamento prevede che durante le lezioni il cellulare è consentito solo per usi didattici, ma vietato sia a studenti che docenti per intrattenimento o usi personali. Ma noi incoraggiamo l’uso dei dispositivi digitali per ambienti di apprendimento significativi. Il cambiamento, perché diventi reale, necessita dello sforzo di ciascuno». È tutta una questione di utilizzo? «In classe in genere non li facciamo usare ma in laboratorio di fisica sì- conferma Elena Gabbiani, professoressa di matematica e fisica al liceo Gioia di Piacenza- sono uno strumento utile ed eccezionale e i ragazzi devono capirlo». Secondo Paola Bellini, preside dell’Ic Foscolo di Vescovato (Cr) la questione dirimente è tra «utilizzo del cellulare come arma di distrazione di massa, che a scuola non è concesso e uso del cellulare come strumento operativo di lavoro, e questo i ragazzi lo capiscono benissimo. Ho degli alunni che utilizzano il cellulare come strumento di lavoro, ad esempio per misurare l’umidità all’interno di un campo, che in collaborazione con Coldiretti è stato coltivato a piselli. Il cellulare serve anche come strumento immediato di comunicazione, e anche da questo punto di vista se i ragazzi vengono educati a un utilizzo consapevole del mezzo, attivano una serie di comportamenti che sono migliori di quelli di noi adulti».
FONTE: CORRIERE DELLA SERA