Tutor comunitari, al via i progetti del Fondo povertà educativa minorile
Partono i progetti del bando Comunità Educanti, per sostenere chi si prende cura di bambini e ragazzi. Rientrano nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile
Un grande cantiere educativo in tutta Italia
Centocinquantadue progetti finanziati con oltre 14,5 milioni di euro: selezionati attraverso il bando “Comunità educanti”, lanciato da Con i Bambini nel 2021, stanno partendo in questi giorni e avranno una durata compresa tra 2 e 3 anni.
Si tratta del primo bando in Europa con un impatto di sistema a livello nazionale. Istituito nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha l’obiettivo di creare o rafforzare le alleanze educative nel Paese. Le iniziative coinvolgono quasi 2mila organizzazioni, tra terzo settore, scuole, enti locali e imprese. Un grande “cantiere educativo”, che interessa comunità educanti in tutte le regioni d’Italia (59 al Nord, 33 al Centro e 60 nel Sud e nelle isole). Man mano che verranno realizzati, i progetti saranno pubblicati sul blog di Con i bambini (percorsiconibambini.it).
I cittadini si prendono cura di bambini e ragazzi
Sono previsti interventi in co-progettazione con le famiglie e gli stessi ragazzi, capaci di coinvolgere attivamente genitori e cittadini, prevedendo figure di supporto quali ad esempio le “sentinelle di comunità”, i “community worker”, i “tutor comunitari” (dal tabaccaio all’edicolante, dal pensionato agli stessi ragazzi).
Molte azioni prevedono inoltre attività attorno ai luoghi di ritrovo dei ragazzi e delle comunità (dal bar al mercato rionale, dalla palestra alla biblioteca, dal parco alla scuola vissuta fuori dall’orario scolastico). Lo spunto è stato dato dalla generosità dimostrata durante la pandemia o nei mesi immediatamente seguenti da molti cittadini che hanno saputo con gesti semplici e spontanei prendersi cura dei bambini e dei ragazzi, incarnando per davvero il principio della comunità educante.
Sono loro i protagonisti del bando di Con i Bambini, insieme agli educatori che durante la pandemia hanno saputo creare e mantenere una rete di legami tra le famiglie e gli operatori tecnologici, le ASL, i banchi alimentari, gli psicologi.
Attraversare i confini tra ruoli diversi
Tutto ruota attorno al concetto allargato di educare: una responsabilità collettiva da svolgere in maniera coordinata. “Sostenere le comunità educanti vuol dire prendersi cura -spiega Marco Rossi-Doria, presidente di Con i bambini- dare forza alla riflessione sul campo e alle competenze di donne e uomini che tengono unita l’Italia perché si occupano di bambini e bambine, ragazzi e ragazze esclusi e fragili. Significa davvero investire sul futuro del Paese. Abbiamo trovato persone che facevano una specie di trespassing, cioè attraversavano i confini tra ruoli, dimensioni organizzative e istituzionali differenti e diventavano un punto di riferimento che poneva al centro quel ragazzino, quella famiglia, per cui consentivano una maggiore prossimità di tutte le diverse istituzioni che magari tra di loro riuscivano poco a parlare o a coordinarsi”.
Assolvere a una funzione sociale
“Sono anche piccoli esempi -racconta Rossi-Doria-. Le mamme straniere che non possono andare a prendere i figli a scuola e si accordano con il barista perché stiano lì nel bar ad aspettare. L’allenatore che porta i ragazzi in montagna e spiega loro nozioni di botanica. Questo dimostra che le città possono e devono diventare delle città educative, delle città dove ognuno può dedicare un po’ di energia, un po’ di spazio mentale, un po’ del suo tempo per assolvere a funzioni educative. C’è una restituzione poi che ti viene dallo sguardo del bambino riconoscente, dalla mamma che è contenta… Non sei più solo il barista, l’allenatore. Assolvi a una funzione sociale”.
Importante parlarsi
“Vediamo che gli operatori hanno bisogno di uno spazio comune, di potersi parlare tra professioni diverse: un docente, un educatore, uno psicologo, anche un genitore quando non fa solo il genitore di suo figlio ma assolve a funzioni civiche -conclude Rossi-Doria-. Durante l’emergenza Covid in qualche modo si è riusciti a recuperare tanti ragazzi, proprio in virtù del fatto che persone con funzioni educative diverse hanno cercato un linguaggio condiviso, un lessico comune faticosamente trovato e si sono parlate. E’ importante poter esplorare altre esperienze che si fanno in altri luoghi e che potrebbero farci avere non dico delle ricette ma delle intuizioni o anche delle pratiche, dei dispositivi già testati che a noi servono ma non sappiamo che esistono”.
FONTE: FOCUS SCUOLA