Formazione sulla sicurezza: durante l’orario di lavoro o durante lo straordinario. La Cassazione si pronuncia sul tempo lavoro

Un lavoratore era stato sospeso senza retribuzione mediante provvedimento di collocamento in aspettativa d’ufficio per circa 9 mesi, in quanto aveva omesso di partecipare al corso sulla sicurezza, frequentandolo infine solo successivamente. La Cassazione si pronuncia sulla questione dell’orario di lavoro e formazione in materia di sicurezza, problematica che interessa anche il mondo della scuola.

Quando deve avvenire la formazione dei lavoratori?

La Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., (data ud. 06/03/2024) 10/05/2024, n. 12790 ritiene che la Corte territoriale, nel grado precedente, oggetto di ricorso giunto all’attenzione della Cassazione, ha condivisibilmente osservato che certamente la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro impone al datore di lavoro di organizzare i corsi di formazione e sicurezza dei lavoratori durante l’orario di lavoro e senza oneri economici per il lavoratore; ma, precisa la Corte, ha altresì rilevato che detta disposizione non prevede (né lo potrebbe, salvo ipotizzare corsi organizzati per 24 ore al giorno) che la formazione del singolo dipendente avvenga durante il relativo orario di lavoro di quel lavoratore; al contrario, dispone che la formazione dei lavoratori avvenga durante l’orario di lavoro, espressione, quest’ultima, non riferita alle specifiche ore giornaliere di lavoro svolte da ciascun dipendente, ma da intendersi come volta a precisare che il corso deve essere tenuto durante l’orario di lavoro, eventualmente straordinario; in questo senso, il tempo dedicato alla formazione deve intendersi come tempo di lavoro e, dunque, retribuito come tale..

Il fatto

I giudici di merito hanno accertato che al lavoratore era stata fornita la possibilità più di una volta di seguire il corso nella sua città (quindi senza oneri economici) o in sede limitrofa dalla suddetta interpretazione della norma in discussione, conforme al dovere di collaborazione del lavoratore anche in materia di sicurezza, e dagli accertamenti fattuali svolti, è conseguita la valutazione dell’illegittimità del rifiuto del lavoratore a seguire il corso di complessive 12 ore come programmato dall’azienda, tenendo conto dell’elevato numero di dipendenti e della procedura ad evidenza pubblica seguita per individuare l’attuatore del piano formativo; il rifiuto del lavoratore è stato ritenuto in violazione del dovere di partecipazione ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro di cui all’art. 20, lett. h), D.Lgs. 81/2008; la messa in aspettativa d’ufficio fino alla frequenza del corso è stata qualificata come misura di sicurezza per l’incolumità dello stesso lavoratore e impedimento all’utilizzo delle sue prestazioni, potenziale fonte di responsabilità del datore nei confronti di lavoratore non formato in materia di sicurezza in adempimento di preciso obbligo di legge.

La definizione di orario di lavoro

La Corte, con recente pronuncia n. 20259/2023, ha precisato che l’art. 37, comma 12, del D.Lgs. n. 81/2008, nella parte in cui prescrive che la formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro deve avvenire “durante l’orario di lavoro”, va interpretato nel senso che tale locuzione sia comprensiva anche dell’orario relativo a prestazioni esigibili al di fuori dell’orario di lavoro ordinario, di legge o previsto dal contratto collettivo, per i lavoratori a tempo pieno, e di quello concordato, per i lavoratori a tempo parziale . La Cassazione osserva che dal complesso delle richiamate disposizioni si evince il carattere ineludibile per il soggetto datore di lavoro dell’obbligo di assicurare ai dipendenti un’adeguata formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; tale tema intercetta quello rappresentato dalla verifica dell’esigibilità da parte del soggetto datore della partecipazione del dipendente ad un corso di formazione che si tenga in orario non corrispondente a quello ordinario, e in che limiti possa avvenire in orario non coincidente con la normale articolazione oraria della prestazione.

L’art. 37, comma 12, D.Lgs. n. 81/2008,  si limita a stabilire che la formazione debba avvenire “durante l’orario di lavoro”, senza ulteriori specificazioni; nel ricostruire la portata normativa di tale disposizione, ritiene la Corte che non possa prescindersi dalla definizione di orario di lavoro di cui all’art. 1, comma 2, legge n. 66/2003, vigente all’epoca di emanazione del D.Lgs. n. 81/2008 e quindi evidentemente tenuta presente dal legislatore del 2008; 14. per l’art. 1, comma 2, legge n. 66/2003 l’orario di lavoro è “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni’; si tratta di una definizione che conferisce all’espressione “orario di lavoro” un significato molto ampio, comprensivo di ogni periodo in cui venga prestata attività di lavoro e quindi anche di attività prestata in orario eccedente quello ordinario o “normale”; tale ampiezza di formulazione è destinata a riverberarsi sul significato normativo da attribuire all’espressione “durante l’orario di lavoro” utilizzata dall’art. 37, comma 12, D.Lgs. n.81/2008, nel senso di farvi ricadere l’orario corrispondente a prestazioni, anche al di fuori dell’orario di lavoro “ordinario”, comunque esigibili dal datore di lavoro.

Legittimo far svolgere la formazione in materia di sicurezza oltre il proprio orario di lavoro ordinario

Pertanto per la Cassazione la pretesa dell’odierno ricorrente al completamento della formazione solo nell’orario corrispondente al proprio turno costituisce espressione di un interesse che non può che essere recessivo rispetto a quelli tutelati dal legislatore del 2008; l’opposta soluzione finirebbe, invero, per pregiudicare, o rendere comunque eccessivamente difficoltoso, l’adempimento dell’obbligo formativo da parte del datore di lavoro; se, infatti, questo dovesse necessariamente modularsi sull’articolazione del “normale” orario di lavoro del dipendente potrebbe darsi una oggettiva difficoltà, se non impossibilità di rispettare tale obbligo, considerato che esso di regola postula la necessaria collaborazione di enti formatori e di tutto il personale operante su vari turni. Le considerazioni che precedono orientano quindi nel senso della ragionevolezza di una lettura, meno rigida di quella propugnata dal lavoratore ricorrente, dell’espressione “orario di lavoro” nella norma di cui si discute, da intendersi quindi come comprensiva anche dell’orario relativo a prestazioni esigibili al di fuori dell’orario di lavoro ordinario, di legge o previsto dal contratto collettivo, ferma la retribuzione dovuta con le eventuali maggiorazioni spettanti. Decisione innovativa della Cassazione che avrà una portata anche nella scuola, dove pertanto si potranno aprire le porte ai corsi di formazione anche ad esempio in orario pomeridiano, reputandolo come orario eccedente, che potrà essere considerato a recupero o retribuito tramite le risorse della contrattazione integrativa? Chiaramente ciò dovrà però tener conto dei limiti orari contrattuali esigibili dai lavoratori. Ad esempio gli ATA compreso lo straordinario non potranno svolgere più di 9 ore di lavoro giornaliero.  Per i docenti la questione è più complessa ma si può sostenere che in mancanza di una definizione specifica della singola istituzione scolastica si può tenere conto del limite massimo giornaliero di 8 ore come indicato da sentenze della Corte di Cassazione (es. n. 15419 del 4 dicembre 2000).

FONTE: ORIZZONTE SCUOLA