Lettera di una prof al Miur: «Sbagliato tagliare i libri di testo a favore del digitale»
Contro la nota ministeriale che impone «una riduzione dei costi dell’intera dotazione libraria derivanti dal passaggio al digitale» c’è un’intera letteratura scientifica che dimostra che la carta è il mezzo migliore per una lettura lunga e complessa.
Perugia 26 aprile 2022. Liceo Linguistico e delle Scienze Umane «A.Pieralli», ore 15:00: primo giorno dei consigli di classe di aprile. Primo punto all’ordine del giorno: adozione libri di testo. Ed è subito incubo perché non c’è verso di far tornare i conti. I colleghi ci provano in tutti i modi ma il risultato non cambia. La chat dei docenti di lettere si infiamma. «Nella 1F ho cambiato latino (più economico) e sarei disposta a mettere grammatica in digitale, ma si sfora comunque di circa 20€». «In 1L io addirittura NON ho messo grammatica e si sfora di ben 52 euro». «Anche io in 1 D sono disposta a optare per la grammatica digitale, ma non risolverà del tutto il problema dello sforamento». «Scusate, non si potrebbe pensare di adottare il testo di storia in formato digitale? Sempre meglio della grammatica, che ha bisogno di esercizi». Ma qual è l’origine di questo delirio di massa? La risposta è semplice. La Nota MI n. 5022 del 28.02.2022 con oggetto «Adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado – anno scolastico 2022/2023» riduce ulteriormente i tetti di spesa per l’acquisto dei libri di testo dando per scontata una fantomatica «riduzione dei costi dell’intera dotazione libraria derivanti dal passaggio al digitale e della disponibilitàdei supporti tecnologici».
In altre parole nelle segrete stanze del MIUR qualche burocrate che non ha mai messo piede in un’aula scolastica, sulla base di argomentazioni non esplicitate, presume a) che tutti gli studenti e le studentesse delle scuole pubbliche italiane abbiano a disposizione almeno un tablet e una connessione a internet (sia a scuola che a casa); b) che ai fini dell’efficacia didattica l’utilizzo di un testo digitale e di un testo cartaceo siano perfettamente equivalenti. Ebbene a questo caro (o cara) burocrate del 2022 vorrei comunicare ufficialmente che le cose stanno in maniera molto diversa da come lei o lui presume. Non solo perché il «passaggio al digitale e la disponibilità dei supporti tecnologici» in moltissime scuole pubbliche italiane sono ancora un miraggio (e su questo si potrebbe anche provare a rimediare con una seria politica di investimenti per l’ammodernamento delle reti e l’acquisto di device da fornire in comodato d’uso almeno a tutti gli studenti e le studentesse nella fascia dell’obbligo), ma soprattutto perché il libro di testo cartaceo è uno strumento indispensabile anche nell’aula 4.0 che ogni docente con una certa competenza digitale (e sono la maggioranza) vorrebbe avere a disposizione. E lo è tanto più nel momento in cui il libro di testo scolastico è probabilmente l’UNICO libro cartaceo che la maggior parte dei cosiddetti «nativi digitali» incontrerà sul proprio cammino.
L’uso dell’aggettivo «cosiddetti» non è casuale, caro o cara burocrate del MIUR, perché chi ogni giorno nelle scuole pubbliche italiane vive e lavora (e anche in questo caso la sequenza dei verbi non è casuale, perché nella scuola si vive prima di lavorarci) sa bene che le competenze digitali della stragrande maggioranza dei propri alunni e alunne si limita all’utilizzo di Instagram e di Whatsapp. I ragazzi e le ragazze del terzo millennio hanno un disperato bisogno di confrontarsi con i libri, quelli veri. Con le pagine che a settembre sanno di fresco e che, se tutto va come deve andare, a giugno si sono trasformate in un mosaico di colori. Libri che pesano, perché lo studio è innanzitutto fatica, ma che sono gli unici sui quali si può imparare a conoscere (e forse anche apprezzare) il tempo lento della lettura e della riflessione.
Studi condotti da prestigiosi centri di ricerca internazionali come quello pubblicato già nel 2008 sulla rivista The International Journal of the Book (vol. 5, n.2) – Millennial Attitudes Toward Books and E-Books – hanno dimostrato che la carta è il mezzo che meglio si presta alla lettura lunga e complessa. Ma ancora più interessanti sono i risultati della ricerca condotta da Anne Mangen e pubblicati sull’International Journal of Educational Research (vol. 58, 2013). Nell’articolo Reading linear texts on paper versus computer screen: Effects on reading comprehension («Un confronto tra la lettura lineare su carta e su schermo: Effetti sulla comprensione del testo») la studiosa norvegese riferisce di aver fatto leggere due testi, uno di 1400 e uno di 2000 parole, a due gruppi di 36 studenti al secondo anno di scuola secondaria superiore: al primo ha fornito il testo cartaceo e all’altro un file PDF da leggere sullo schermo di un computer. A entrambi i gruppi ha poi chiesto di svolgere degli esercizi di comprensione del testo. Per la studiosa il risultato dell’esperimento non lascia dubbi: «Gli studenti che avevano letto il testo cartaceo hanno ottenuto un punteggio significativamente più alto nella comprensione del testo rispetto a quelli che avevano letto il testo in formato digitale». Suggeriamo caldamente la lettura dell’intero articolo di Anne Mangen alla Dirigente Maria Assunta Palermo, la cui firma digitale si legge in calce alla Nota ministeriale di cui sopra. E, per favore, cara Dirigente Palermo, non ceda alla tentazione di stampare il file per leggerlo su supporto cartaceo. Tenga presente che, data la «disponibilità dei supporti tecnologici» negli uffici del MIUR, può leggerlo tranquillamente sullo schermo del suo computer con conseguente «riduzione dei costi» a carico dei contribuenti per il toner e la carta.
*Docente di Materie Letterarie e Latino al Liceo Linguistico e delle Scienze Umane «A.Pieralli» di Perugia
CONTE: CORRIERE DELLA SERA