Festa del papà a scuola: sì o no?
È giusto celebrare la Festa del Papà a scuola? Prima di tutto, bisogna provare a fare un esercizio di empatia.
La prima cosa da dire quando si parla di Festa del Papà è che ormai da qualche anno questa celebrazione smuove non poche polemiche. Ancor prima di chiedersi se sia giusto o meno festeggiarla a scuola, fare lavoretti e ricordare questa giornata con bambini e bambine è necessario farsi delle domande. Perché esistono queste polemiche?
La risposta più immediata, e anche la più giusta, è che oggi le famiglie hanno tanti volti e la complessità dei nuclei familiari è decisamente aumentata. Per questo si sono, in un certo senso, formate due fazioni: una più tradizionalista e legata alle consuetudini, un’altra che invece vive situazioni meno tradizionali e per questo chiede che certe feste vengano messe da parte, soprattutto a scuola.
Nel primo caso si tratta di genitori, ma anche di una parte di esperti del settore, che ritengono che la Festa del papà debba essere mantenuta anche a scuola nella sua configurazione classica, solida, tradizionale appunto. Che prevede al nido, alla scuola dell’infanzia e anche alla primaria che il 19 marzo venga ricordato con lavoretti, compiti e a volte anche piccoli eventi aperti.
Nell’altro caso, invece, ci sono genitori che si ritrovano ad avere bambini in casa che non hanno il papà per tutta una serie di ragioni, per la liquefazione delle famiglie, per un lutto, o ancora per situazioni molto particolari e specifiche come papà in carcere o in una struttura psichiatrica… Questa “fazione” ovviamente rivendica l’attenzione alla propria singolare situazione, sostenendo che il rischio di una Festa del papà troppo legata alle tradizioni a cui siamo abituati potrebbe far soffrire questi bambini che per un qualsiasi motivo non hanno il padre e già ne patiscono la mancanza.
Si tratta di due posizioni “teoriche” che però hanno ricadute molto pratiche. Spesso, e in particolare negli anni della scuola dell’infanzia, in occasione del 19 marzo si organizzano eventi a cui partecipano giustamente i papà, magari per fare dei lavoretti insieme ai bambini, supervisionati dagli insegnanti. Questo aumenta ancora di più il disagio e rende più evidente la ferita di tutti quei bambini che per un motivo o per un altro non hanno il padre.
Ci tengo a fare una considerazione personale ancor prima che professionale. Ho lavorato per tanti anni anche in comunità per minori e chiunque vi abbia lavorato sa che il momento delle feste, in cui tutti gioiscono e celebrano qualcosa coi propri cari, è per quei bambini con famiglie traballanti un momento di grande dolore. Allora non ho una ricetta da darvi, una risposta assoluta alla questione: piuttosto, come psicopedagogista mi sento di lanciare uno stimolo. Chiediamoci se in fondo una scuola che dice di essere inclusiva, che promuove l’inclusione e cerca di promuoverla in tanti aspetti della vita scolastica, non debba anche tenere presente delle ferite di quei bambini e di quelle bambine che nel giorno della Festa del papà hanno poco da festeggiare.
In un giorno in cui è facile lasciarsi prendere dalle polemiche di pancia, quelle scatenate dalla parte più reattiva del nostro cervello, io vorrei invitare chi legge a fermarsi e fare un piccolo esercizio di empatia. A mettersi nei panni e nel cuore di quei bambini e di quelle bambine che non hanno da festeggiare questa giornata, mettendosi dalla loro parte e chiedendosi se, a loro posto, lo riterrebbero giusto.
Lascio quindi a questo esercizio di empatia la riflessione che poi ciascuna squadra, ciascun esperto, ciascun operatore e ciascun genitore potrà fare in occasione della Festa del papà.
FONTE: FOCUS SCUOLA